A mani vuote

Anedotti, recite, fiabe… Leggendo qua e là nel periodo natalizio è facile imbattersi in racconti e raccontini che hanno come protagonisti Maria, Giuseppe, gli angeli, l’asino, il bue, le pecorelle… Fanno da contorno alla storia asciutta e veritiera della nascita di Gesù narrata dai vangeli. Talvolta sono interessanti e piacevoli, altre un poco superficiali o addirittura stucchevoli. Non molto tempo fa ne ho scoperto uno veramente bello che a prima vista può sembrare infantile, ma in realtà è capace di aprirci gli occhi su una verità alla quale non siamo abituati. In genere, infatti, siamo stati formati a pensare che i nostri limiti siano un ostacolo a incontrare Dio. I difetti che ci portiamo appresso, le nostre personali miserie e povertà ci impedirebbero di avere un buon rapporto con Lui. “Non me lo merito!”, pensiamo noi, paragonando inconsciamente Dio a un premio a punteggio. Ma non è affatto così:

«Ai tempi di Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori. C’era un pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla. Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta portando qualche dono, invitarono anche lui. Ma lui diceva: “Io non posso venire, sono a mani vuote, che posso fare?”. Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero.

Così arrivarono dov’era il bambino, con sua Madre e Giuseppe. Maria aveva tra le braccia il bambino e sorrideva, vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana o qualche frutto. Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di venire. Lui si fece avanti imbarazzato. Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori, depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote». (Silvano Fausti)

La mia povertà (non solo materiale, ma anche morale) non è più un ostacolo, ma è proprio il luogo in cui Dio viene a incontrarmi. È proprio grazie ad essa che posso fare l’incredibile esperienza dell’amore di Dio per me. Questo è il “vangelo”. Se fossi perfetto, bello, buono e impeccabile, non riuscirei a conoscere Dio.

Il racconto ci mostra l’attimo decisivo, quello in cui il pastore povero sceglie di andare alla grotta pur avendo le mani vuote. Questo è il passo che può cambiare la nostra vita, il coraggio di alzare lo sguardo a Dio proprio quando non abbiamo nulla da offrirgli. Non è secondario che la decisione del pastore avvenga grazie all’opera di convincimento dei suoi amici. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci valorizzi per quello che siamo e non per quello che abbiamo.

Per Maria le mani vuote del pastore non solo non costituiscono alcun problema, ma anzi le sono di aiuto. Mentre gli altri pastori offrono, quello povero riceve. È tutto in questo gesto, Dio infatti non si merita, ma si accoglie.

Colgo l’occasione per fare i miei auguri a tutti gli abitanti di San Francesco, di tutte le borgate, in particolare a quelli con cui non ci siamo ancora conosciuti di persona. Buon Natale!

“In cammino verso la comunità” (Giornalino della parrocchia di San Francesco al Campo)

Dicembre 2010

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