Il bene nascosto

Desiderare e volere il bene degli altri, questo è stato il punto di arrivo del cammino “Dentro di me” che finora, numero dopo numero di Vita Somasca, abbiamo percorso. Un punto di arrivo importante, di quelli in grado do trasformare la vita di una persona. Tutto cambia, la vita di coppia, il rapporto con i figli, il lavoro, il riposo, la politica, quando guardiamo le cose dal punto di vista non dei nostri vantaggi, ma del bene altrui. E i primi a cambiare siamo proprio noi che, in questo modo, realizziamo la nostra vocazione ad essere uomini, cioè figli di Dio.

Tutti sappiamo che esistono tanti modi di cercare questo bene. Forse il primo che ci viene in mente è quello caloroso del Buon Samaritano: farsi vicini, prestare aiuto, prendersi cura, condividere. Niente di più vero e necessario, esiste però un modo che rimane in genere più nascosto, più silenzioso ma che forse costituisce la forma più profonda di bene. Ne accenna anche il libro di Qoelet quando, un poco misteriomente, dice: «C’è un tempo per abbracciare ed uno per astenersi dagli abbracci». Si realizza ogni volta che ci adoperiamo affinché gli altri trovino la loro autonomia e libertà, quando stiamo attenti che non diventino troppo dipendenti da noi, troppo bisognosi di noi, ogni volta che rinunciamo ad occupare un posto centrale nelle loro vite. Padre Radcliffe, un religioso domenicano, suggeriva di porsi spesso queste domande: «Il mio amore sta rendendo questa persona più forte, più indipendente, o la sta rendendo più debole e dipendente da me?» E continuava: “Il nostro amore deve liberare le persone. Dobbiamo amare perché gli altri siano liberi di amare gli altri più di quanto amano noi”. Non legare gli altri a noi, siano figli (anche spirituali), amici, fidanzati, colleghi…, non tenerli stretti a noi, sotto controllo, ma offrire loro la libertà. Non è questo forse il più grande atto d’amore? Intuiamo come dietro sia necessario un esigente lavoro su se stessi che frutta il distacco dai propri meriti e la gratuità pura. Madre Teresa scrisse una preghiera che sembra fatta ad hoc: «Liberami, Gesù, dal desiderio di essere amato, di essere preferito, di essere consultato, dal timore di essere dimenticato».

Gesù una volta raccontò la parabola di un figlio che decise di staccarsi dal padre, si fece dare i beni che gli spettavano e partì per un paese lontano. Il Padre non si oppose, non cercò di convincerlo a rimanere, seppe soffrire in silenzio e lo lasciò partire. Quel figlio tornò. Saper tacere, saper ritirarsi, saper attendere, aver fiducia nelle capacità degli altri, c’è un bene nascosto che passa per queste vie e che anche san Girolamo aveva conosciuto quando scriveva alle sue comunità: “La mia assenza è necessaria”.

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