È martedì, ma continua a tornarmi in mente una frase del vangelo di domenica scorsa, quello in cui Gesù si descrive come un buon pastore. Parla anche del suo antagonista: Il mercenario, che agisce solo per il proprio interesse. Di lui dice: «… non gli importa delle pecore» (Gv 10, 13).
Gesù coglie un aspetto molto profondo della nostra psiche: abbiamo bisogno di essere importanti per qualcuno. Non è possibile amare la vita se non c’è qualcuno – almeno uno! – al quale noi importiamo, qualcuno che abbia piacere di stare con noi, che si preoccupi quando stiamo male, che sia premuroso nei nostri confronti. Non solo: qualcuno che ci attenda, che senta la nostra mancanza quando siamo via, perché essere attesi vuol dire essere amati.
Jacques Lacan, importantissimo psicanalista francese, aveva identificato qual è il più grande desiderio degli esseri umani. Non è il desiderio di qualcosa da consumare, né quello di soddisfare il nostro istinto, ma è il desiderio di essere desiderati dagli altri. Il desiderio dell’uomo, diceva, è il desiderio dell’altro.
Tutto questo è il buon pastore per ognuno di noi. È un Dio al quale noi importiamo, che desidera la nostra compagnia, sente la nostra mancanza quando ci allontaniamo da lui e ci attende fino al mattino del nostro ritorno, talvolta addirittura parte per le strade del mondo alla nostra ricerca.
Vorrei aggiungere un’ultima considerazione: che cos’è una comunità cristiana? È un luogo dove ognuno è buon pastore per l’altro, dove ci importa degli altri, di tutti. Ma non perché ci servono per fare delle cose, per portare avanti progetti e catechismi, ma perché gli altri ci interessano in se stessi, come persone. Sentiamo la loro mancanza anche quando non c’è nulla da fare insieme, alla fine dell’anno pastorale, durante le vacanze, alla sera della domenica.